martedì 1 maggio 2018

LA RIVOLUZIONE- PRIMO MAGGIO

1 maggio 2018

LA RIVOLUZIONE

Sono passati cinquant’anni dal maggio del 68. Questa ricorrenza offre sempre lo spunto per confrontare la società di oggi e quel periodo, di cui hanno ricordo i nostri genitori ( da protagonisti, più o meno ai margini di quell’onda di cambiamento) , e i nostri nonni, che videro cambiare tutto sotto i loro occhi. Di quel tempo di cambiamento, rimangono  il ricordo  di molte eccellenze italiane, nella moda, nel design e nella tecnica. Rimangono i documenti e le testimonianze delle lotte che hanno portato i diritti dei lavoratori, a cui oggi ci stiamo disabituando, e una fantastica e irripetibile colonna sonora. Guardando le foto di quegli anni, rivedo vestiti colorati, fiumi di ragazzi che conquistano la libertà, con le idee che li vedono i nuovi attori della modernità, e con la motorizzazione di massa che gli ha dato l’indipendenza. Persone che si staccano dalla precedente generazione e che sembrano appartenere ad un altro mondo. La generazione dei nostri padri ha fatto quel cambiamento, ed è stata nel bene e nel male, responsabile di ciò che è successo nel periodo storico  che noi riassumiamo in quell’anno simbolo : il 68.
 Cinquant’anni fa forse era tutto più chiaro. C’era la guerra fredda, gli stati in Europa erano con la Nato o col patto di Varsavia. C’erano democristiani e comunisti, una destra e una sinistra . Eri padrone o operaio. Se eri operaio potevi mantenere la famiglia col sogno di far studiare i figli per dargli un lavoro sicuro, come impiegati o qualcosa del genere. Operaio voleva dire fabbrica, stipendio, sudore, diritti e soprattutto- e senza retorica - orgoglio. In quegli anni nascevano anche un sacco di piccole aziende con tanti e coraggiosi imprenditori che hanno costruito realtà produttive e contribuito al progresso a fianco dei loro dipendenti, con lo stesso orgoglio del lavoro e considerando operai e impiegati come persone della loro famiglia. Quello è ciò che si vede, guardando le fotografie di quegli anni, quello si capisce leggendo le cronache di quel tempo.
 Poi qualcosa è rallentato.
 Forse la nostra generazione, di chi è  nato dagli anni settanta, ha vissuto come in una risacca che si è trascinata, dopo quell’onda anomala che ha cambiato la faccia dell’Italia di quei ragazzi nati col boom economico del secondo dopoguerra. Forse la mia generazione ha dato per scontato troppe cose, non abbiamo mai lottato veramente per i nostri diritti perché credevamo di non perderli mai. Pensavamo che fosse normale trovare un lavoro e cambiarlo solo perché non ci piaceva, a noi cresciuti con la pubblicità e con i telefilm con le risate finte. Pensavamo che se avevamo voglia di impegnarci l’ascensore sociale sarebbe salito ancora, o al massimo sarebbe rimasto fermo al piano, una volta arrivati a concederci ciò che ci serviva per una vita soddisfacente. Non pensavamo che qualcuno da sotto chiamasse l’ascensore e ci riportasse giù. Noi non siamo abituati. Non riusciamo ad essere autorevoli con i figli, perché abbiamo paura per loro, perché riteniamo che la società li possa sbranare, perché pensiamo che la società fuori e tutte le figure che la rappresentano, a partire dalle maestre a scuola, possano far del male ai nostri figli. Sono le nostre paure, che reincarniamo nei nostri figli perché non abbiamo mai avuto uno stacco generazionale. Siamo ancora succubi dei nostri genitori e in molti casi ci sentiamo così inadeguati con i nostri figli che facciamo vivere loro le nostre ansie. Non siamo guide, diventiamo amici, sostenitori , difensori.
 Quello oggi mi do come compito, è dare a mia figlia che ora ha sette anni, la fiducia necessaria per farle capire che le sue azioni devono essere la conseguenza delle sue decisioni, delle sue scelte. I genitori ci saranno sempre, quello si, ma ciò che è mancato in questi decenni, sopratutto in questo paese, è l’ occasione per i trenta quarantenni di oggi di dare un personalità alla loro generazione oggi. Una personalità che non sia stordita da abitudini e atteggiamenti che distraggono dalle cose concrete per veicolare rabbie e energie nel modo sbagliato. Penso a quante volte, il problema della mancanza del lavoro, la gestione dei rapporti personali, la conduzione di una vita familiare , sia minata da tanti problemi che ci prosciugano e ci impediscono di avere lo stato d’animo leggero che ci fa leggere la favola della buonanotte a nostro figlio o di scoprire quanto sia bello concedersi del tempo da dedicare alla famiglia e non pensare a nulla. Oggi nella nostra testa, le nostre preoccupazioni, sono sempre rivolte ad un equilibrio che non serve a nulla, se non a mantenere stretto tutto ciò che abbiamo, con la paura che qualcuno ce lo rubi.
 Spero che la generazione che verrà dopo, la cui rappresentante nella mia famiglia ora è sul divano e guarda i cartoni animati, sia una massa enorme di giovani che fra dieci o quindici anni trovi la forza per rinnegarci, per trovare gli argomenti giusti e ricostruire con un’intelligenza e una fantasia nuova, tutto quello che serve per poter godere il loro tempo.
 Quelli che sono i bambini oggi, meritano di trovare il loro spazio, di crescere con i giusti principi, non sotto l’ala protettiva di chi ha paura di lasciarli andare in un modo che ritiene cattivo. Perché il mondo sarà loro, non sarà più nostro, e dovremo avere il coraggio di dare fiducia ai nostri ragazzi, perché sino ad oggi, di fiducia nel prossimo ne abbiamo avuta poca.
 Ma per ora, buon primo maggio, a tutte le lavoratrici e a tutti i lavoratori.