martedì 27 marzo 2018

ARIA DI PRIMAVERA

27 marzo 2018

ARIA DI PRIMAVERA 

Ieri pomeriggio, dopo mesi di inverno, nell’aria, ho sentito chiaramente l’odore della natura. 
I  raggi del sole, scaldando le piante e la terra, richiamano la percezione olfattiva di tutto ciò che ci sta intorno, cosa impossibile in inverno con la coltre di umidità e di freddo che avvolge tutto, togliendo gli odori. 
Questo non solo accade in campagna, dove la vegetazione aiuta sicuramente più dell’asfalto nella propagazione di questa tiepida percezione, ma accade anche in città. 
Penso a quando, passeggiando per una via qualsiasi, dai locali e dai negozi arrivano folate più o meno gradevoli, alcuni che richiamano i cibi, come dalle porte dei ristoranti, altri odori riguardano i negozi di frutta o le macellerie, col loro freddo e crudo profumo. Poi ci sono odori particolari, come nelle cartolerie, oppure nei negozi di abbigliamento con l’odore polveroso e pesante di stoffe e plastica, a volte abilmente mascherato da profumi abilmente cosparsi nell’ambiente (e in vendita nello stesso negozio). 
Ogni volta la sorpresa degli odori intorno a noi che si risvegliano è come una scoperta nuova. Dagli odori, nasce sempre un ricordo, che può essere più o meno lontano, ma normalmente, ciò che richiamano gli odori è potentissimo. L’olfatto è fra i cinque, il senso che riesce a farci recuperare dalla nostra memoria attimi vissuti che sarebbero dimenticati per sempre, finché un odore, un profumo, ci riporta magicamente in quel luogo, con quella persona. Possono essere ricordi belli rimasti nel cuore - come il primo profumo di mia moglie quando la conobbi- ma anche altri più indefiniti, più ancestrali, come l’odore della terra, dell’erba appena tagliata, della plastica della mia prima bicicletta scaldata dal sole. L’odore inconfondibile di benzina nella 500 di mio nonno. 
Con gli odori si risvegliano i ricordi: quando infatti pensiamo ad un avvenimento della nostra vita dobbiamo costruirlo nella nostra mente, cercando i particolari che ricreino quel momento. Il ricordo stimolato dall’odore è immediato, arriva subito, e la mente si affanna dopo a cercare gli appigli per sistemare la sensazione provocata da quel lampo nella nostra memoria, per giustificarla e dargli vita nei nostri ricordi. 

Sabato scorso io e mia moglie siamo andati a Firenze, ad un corso pre-adozione riguardante il tema dell’ “attaccamento”. Abbiamo discusso e sviscerato il tema in modo discorsivo, dettagliato e preciso su quanto un bambino, nell’ambiente in cui cresce, assimila e assorbe una serie di stimoli e abitudini. Odori, ricordi. 
Poi arriviamo noi, la mamma e il papà, che siamo diversi, che abbiamo gesti, colori, vestiti diversi. Emaniamo un odore diverso dal suo. Nell’abbandonare il suo ambiente dove sarà cresciuto, fra ciò  che proverà mio figlio, o mia figlia, ci sarà anche l’abbandono degli odori a cui sarà abituato. 
Chissà se troverà un nuova abitudine agli odori a me familiari e al profumo di primavera che sto respirando adesso. Chissà se un giorno, da grande, gli ritornerà in mente un aroma, un ricordo, che aggancerà alla sua infanzia, alla parte di lui più remota. 
I profumi rimangono dentro, e io vorrei un giorno, condividere con i miei figli anche quelle sensazioni. 

Per ora respiro, quest’aria di primavera a me conosciuta, e respirando i pensieri vanno, leggeri, come i raggi del sole che riscaldano la campagna intorno.

CINQUANTA METRI

19 marzo 2018

Cinquanta metri 

Oggi è la festa del papà, la quinta da quando mia figlia è con noi. 
Anno dopo anno, nella nostra famiglia, questa ricorrenza è stata sempre più sentita e festeggiata, in modi diversi ma sempre più consapevoli e gioiosi. I primi anni, con i lavori di disegno della scuola materna, poi anche con i regali comprati con la mamma e quest’anno da una bellissima tovaglietta plastificata che contiene un disegno dove sono rappresentato io, oltre a tanti cuori e tanti colori. 
Mia figlia sta crescendo, come cresce in lei anche l’inquietudine che si prova con la scoperta delle cose nuove, quella meraviglia che chiede risposte e bisogno di sicurezza. 
Quella sicurezza che cerco di darti tutti i giorni, e che tu vuoi mettere alla prova. Hai bisogno sempre del contatto fisico, mio o della mamma, chiedi la vicinanza come certezza, come se ci fosse un magnetismo, un sostegno saldo a cui aggrapparsi in qualsiasi istante. Abbiamo anche smesso il corso di nuoto, qualche mese fa, perché io, a bordo vasca, ero comunque troppo lontano. La motivazione per la sospensione repentina del corso, con una naturalezza disarmante, l’hai data in simultanea mentre uscivi dall’acqua abbandonando i tuoi amici in costume che ti guardavano: alla mia domanda “cos’è successo ?”, la risposta fu : “tu lavori tutta la settimana e il sabato voglio stare vicino a te”. Giustificazione quanto mai illuminante sul desiderio di tempo da trascorrere insieme e altrettanto efficace sul concetto di “vicino” e “lontano”. Anche tre metri sono tanti, poi c’era di mezzo l’acqua. 
Perciò assecondiamo volentieri il tuo attaccamento e per questo riesco a percepire ogni qual volta provi a fare un lieve spostamento, un accenno di distacco, quel tanto che basta, con i tuoi sei anni, a farti sentire sempre più sicura di te. 
L’altra mattina mi hai chiesto di lasciarti andare da sola dal parcheggio della scuola fino all’ingresso. Sono cinquanta metri circa, due passaggi pedonali. Ti posso guardare mentre rimango fermo, dove mi lasci dopo avermi dato un bacio. 
Fai quei cinquanta metri correndo, con lo zaino che oscilla dietro la schiena, e tu corri dritta fino alla soglia della porta a vetri dell’ingresso, per poi girarti e alzare la mano per salutarmi. Non so se hai corso perché hai in corpo l’eccitazione della crescita oppure perché quel tragitto doveva durare poco. 
Ho risposto al tuo saluto, mentre rimanevo nel parcheggio e ti guardavo, e solo all’ultimo, mi sono accorto di sorridere. Sorridevo a te, mentre tutti quei bambini correvano e tu eri in mezzo a loro, immobile per pochi secondi. Ho risposto al tuo saluto e in un istante ti sei girata e sei entrata. 
Allora è adesso che inizia la tua indipendenza? Forse si, e credo anche che fra qualche anno, rileggendo quanto ho scritto, quando sarò testimone di altre e più audaci conquiste che non i cinquanta metri, il mio sorriso possa diventare un pò più malinconico. 
Solo per poco però perché in fondo, ciò che a noi genitori da il senso di vivere, sono le conquiste dei figli: la loro mano che si stacca, la loro schiena che si allontana, la loro fronte che guarda in alto. 
Vorremmo sempre lasciarli per solo cinquanta metri, ma quando le distanze saranno altre e loro andranno per il mondo da soli, vorrà dire che avremo svolto bene il nostro dovere. 
Per ora rimango qui, col sorriso, mentre ormai tutti i bambini sono dentro e suona l’ultima campanella.



lunedì 5 marzo 2018

per non Perdersi Definitivamente

5 marzo 2018
 per non Perdersi Definitivamente.
Si è conclusa dopo diversi mesi, l’ultima campagna elettorale : domenica l’Italia è andata al voto, e dopo cinque anni, ci siamo svegliati in questo lunedì mattina, con i giornali che riportavano i grafici, le percentuali, la cartina d’Italia divisa per colori. Abbiamo assistito per mesi a promesse ma soprattutto a litigi e parole forti, dichiarazioni di ogni tipo. Mentre la propaganda elettorale procedeva, fatti drammatici e un brutto clima asfissiavano l’aria come una tenda pesante che oscura la luce del sole, e rende tutto buio. Penso non solo ai fatti di Macerata, ma anche ai molteplici episodi di violenza succeduti di recente, fatti di cronaca che sono lo specchio dei nostri tempi, che ci fanno purtroppo abituare all’ orribile, al male.
La mia generazione è nata con una politica di contrappesi, di egemonia democristiana, per crescere nella degenerazione del terrorismo, per poi stordirsi negli anni ottanta e ritrovarsi nella globalizzazione, in un mercato impazzito e con la prospettiva di una pensione a settant’anni. Siamo una generazione bollita e con figli piccoli o che che stanno diventando adolescenti .
Siamo arrabbiati. Non sopportiamo che i nostri padri abbiano avuto vita più semplice di noi. Siamo spaventati per i nostri figli che, dopo aver venduto la casa dei nonni, avranno un futuro quanto mai incerto. Stiamo assistendo ad un clima di odio senza precedenti, dove la rabbia offusca la ragione. Rabbia per chi crediamo ci rubi il lavoro o ci rubi e basta. Abbiamo rabbia per chi riteniamo non sia stato in grado di governarci e ci dimentichiamo, nonostante questo, di quella che è la nostra storia. Ci dimentichiamo dei morti, dei nostri ideali, dei buoni sentimenti o semplicemente della buona educazione.
Non è facile spiegare a mia figlia il motivo per cui tutta quella gente in televisione urlava sguaiatamente . Più semplice spiegarle dove siamo andati domenica. Abbiamo espresso il nostro pensiero. Abbiamo partecipato ad una cosa importante, scegliere chi farà le leggi che governeranno la nostra vita.
Chissà se coloro che hanno questo compito meriteranno la stima di mia figlia. Non lo so, perché mia figlia, che ha quasi sette anni, è molto esigente, e soprattutto non sopporta la gente che urla e dice parolacce. Io non faccio testo, perché addirittura mi aspetterei dai futuri legislatori un’idea di futuro, una visione, una buona sana ideologia. Un antico richiamo ai valori, che possa dare la rotta per le scelte in questo mondo globale e in questa società fluida.
Destra e sinistra non sono uguali. Ci sono delle differenze legittime, e io vorrei riconoscerle in chi mi parla come deputato o senatore. E a loro vorrei anche dire che sto insegnando a mia figlia che nella vita ci si realizza solo se ci si impegna, se si fatica e se si imparano tante cose. L’opinione di chiunque non vale come quella di chi ha guadagnato la competenza con lo studio e il sacrificio. Siamo tutti diversi, tutti possiamo dare qualcosa, ciascuno con il suo valore.
In questo lunedì, a seguito di questa legge demenziale che non ha capito nessuno, non si sa quando e come si formerà un governo. E anche questo è difficile da spiegare a mia figlia quando mi chiede : chi ha vinto?
Le dico che sono sicuro solo di chi ha perso, ma chi ha vinto non salirà sul podio come chi alla fine della gara viene premiato, le cose sono più complicate.
Mi auguro per il prossimo futuro ciò che pensò sia molto difficile si realizzi: spero si plachino gli animi soprattutto degli elettori, e che dal clima di odio e di rancore, in ciascuno di noi cresca il desiderio di condividere amore e solidarietà per il prossimo, in un atteggiamento positivo e meno egoista. Un desiderio di pace e di rispetto; valori semplici, che io insegno a mia figlia ma che noi abbiamo dimenticato.
Solo così, forse, riusciremo a non Perderci Definitivamente. R.C.