mercoledì 27 giugno 2018

IL TEMPO PRIMA

27 giugno 2018

Stamattina mi ha telefonato il mio amico Giorgio, che vive in Puglia da diversi anni e con cui ci sentiamo saltuariamente. 
E’ rimasto fra di noi quel legame che ci permette di sentirci e vederci anche dopo molto tempo senza preavviso. Ci siamo raccontati le ultime vicissitudini delle nostre rispettive famiglie, dei figli e della scuola, dei genitori che invecchiano e del nostro futuro. Abbiamo parlato anche di noi, che ora siamo al timone, noi che non dobbiamo badare al giudizio degli altri e dare l’esempio, noi che alla nostra età dobbiamo saper perdonare, assumendoci le responsabilità, anche per gli altri, ma senza diritto di proprietà su di essi. 
Dopo la telefonata ho realizzato che con il mio amico Giorgio ci conosciamo da molto tempo, praticamente da metà della mia vita. Allora sono andato a cercare nella scatola dove tengo i vecchi ricordi, una foto che ricordavo benissimo. 
Era un vecchio scatto di ventiquattro anni fa,  testimonianza di un viaggio improbabile fatto da me, Giorgio e un altro nostro amico. Eravamo in tre, in quei viaggi lenti fatti nell’età compresa fra i venti e i trent’anni ; nel periodo in cui non si era fidanzati e avevamo ore libere e fine settimana da riempire. 
Nello scatto siamo io e Giorgio, in piedi , dietro la mia macchina accostata ai bordi di una strada che confina con un canneto. Ricordo che poi al ritorno mi si fulminarono tutte due le lampade dei fari e dovemmo percorrere l’autostrada a velocità bassissima dietro un convoglio della croce rossa, che non mi azzardai a sorpassare. In quell’immagine sembriamo gettati in una fotografia di Luigi Ghirri, dove il nulla diventa metafisico, solo che in questo caso la nostra figura rompe la malinconia di quel paesaggio e ci rende soggetti. Abbiamo il cappotto, era quindi inverno, e da come siamo vestiti potevamo sembrare persino delle comparse di moderni vitelloni. 
Anche noi eravamo più adulti che ragazzi, e come nel film di Fellini stavamo bighellonando cercando di farci ispirare da quella noia che scorreva lenta ma semplice , come un piccolo torrente di montagna. 
Quella foto testimonia il tempo prima di quando tutto ebbe inizio. Solo dopo avremmo conosciuto le nostre mogli, dopo avremmo pensato di decidere della nostra vita, dopo non avremmo avuto più tempo. 
Ma in quel tempo fermo, con la macchina accesa e le quattro frecce lampeggianti che indicano la fermata breve, c’era il tempo per pensare a tutto. Così tanto tempo, che era quasi impossibile immaginare un futuro. 
Sembra quasi che dal passato, i due vitelloni degli anni novanta si siano fermati, e da quel tempo vogliano vedere cosa succede dopo. Sembra che dalla fotografia, abbiano accostato la macchina per scoprire cosa succederà, per prendere spunto, per scrutare come in un gioco di specchi come sarà il quarantenne che riguarderà l’immagine di quel tempo ancora vuoto. 
Da allora sono successe tantissime cose. Quasi mi viene da raccontarle ai due soggetti che mi guardano dall’immagine sbiadita. 
La vita da allora è rotolata in fretta, ed io ho sempre cercato di darle la direzione giusta. Lo sto facendo anche oggi. Mi sento ancora un pò come il me stesso di ventiquattro anni prima, ancora tante cose mi aspettano. 

Vorrei dirlo e quasi mi viene da parlare davanti alla fotografia, così sussurro sottovoce : “andate pure, ripartite, andrà tutto bene”. Mia figlia mi guarda e mi dice : “papà con chi parli ? Chi sono quei due signori nella foto?”

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