mercoledì 30 agosto 2017

La festa a Reggio





La strada che divideva casa mia dall’ingresso della festa distava circa cinque chilometri , tanto che, nonostante io avessi undici anni e una bicicletta ancora da bambino- quelle con la sella lunga e il telaio troppo corto- potevo affrontare senza sforzo il sottopassaggio, la strada trafficata, i semafori e l’affollato ingresso del Campovolo. 
Con i miei nonni che pedalavano davanti e dietro di me, s'intende. 
Mia nonna davanti sbracciava per indicare i cambi di direzione e mio nonno dietro di me cavalcava la bicicletta con una leggerezza che quando scendeva o saliva su essa, pareva danzasse sull’asfalto. 
Quell’anno c'era particolare traffico, era una cosa in grande, non tanto importante come il fatto che avrei iniziato a settembre le scuole medie, ma quasi. Mio nonno parlava che a giorni ci sarebbe stato Berlinguer. 
C'era il parcheggio delle biciclette, si entrava a piedi. L'erba solleticava i miei piedi mentre camminavo nel prato coi miei sandali, in mezzo ad una marea di gente, transenne e automobili che arrivavano da tutte le direzioni . Le occhiate dei miei nonni -non mi perdo, sono qui-mi seguivano ad ogni passo. 
La luce che ricordo è quella chiara dei tramonti di fine estate, il profumo quello della carne alla griglia dei ristoranti, poi ricordo la polvere, tanta, sollevata sulle strade di terra battuta davanti ai ristoranti, agli stand di paesi esotici. Vietnam, Cambogia, URSS. Volevo comprare i francobolli, bellissimi, su di essi ci sono un sacco di stelle rosse, un uomo con i baffi, orsi e soldati. I miei nonni me li comprano. 
Poi si cena, tortelli, carne, sui tavoli con la tovaglia di carta e volontari con il grembiule bianco. Quell’anno smetterò il mio, a scuola, chissà i professori, chissà se anche loro sono qui in mezzo, sembra che ci sia tutto il mondo. 
I miei ricordi sono questi, dell’evento di settembre del 1983, oggi , trentaquattro anni dopo, a questa festa ci andrò in qualche modo coinvolto per parlare di una cosa che ha segnato la mia vita, di un progetto realizzato, ma ancora in corso d’opera. Non voglio mai dimenticare quel tragitto in bicicletta, l'ho percorso con chi ha fatto parte della mia infanzia, e dedico la serata di martedì a chi l'infanzia la sta vivendo oggi. 
Spero di essere per mia figlia oggi, la stessa schiena che mi faceva da guida dinanzi a me, mentre pedalavo, spero che oggi lei mi osservi, e che dal mio sguardo si senta protetta. Un pensiero, inevitabile, a chi oggi non c'è: a chi volteggia in bicicletta sulle nuvole, e a uno sconosciuto bambino, che diventerà mio figlio. 
Due assenze, il passato e il futuro, il ricordo di chi ero e il motivo di vivere oggi. Quest’anno non ci sarà Berlinguer, ma magari parlerò  di lui a mia figlia, raccontandogli la favola di un uomo perbene, l'idolo del suo bisnonno, e di una generazione che aveva un sogno e la consapevolezza di poterlo realizzare. 

Quest’anno al campovolo parleremo di adozione, di bambini, e la mia infanzia ritorna, inevitabile, nei miei ricordi, oggi, come tutte le volte che guardo mia figlia.

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