martedì 19 dicembre 2017

TUTTO IL RESTO È NOIA


Leggo un articolo stamattina sul giornale e improvvisamente ritorno indietro col pensiero alla mia infanzia, nei giorni prima del Natale, nei primi anni di cui ho memoria. In questo periodo mi capitava spesso di trascorrere diverso tempo su un sedile posteriore di un’auto, una Fiat 500 precisamente. Altrettanto spesso capitava di aspettare in piedi in un supermercato o un grande magazzino. Poi ancora attese su un divano, unico bambino presente ad una noiosissima visita a parenti. 
Erano gli anni di transito fra i 70 e gli 80, finivano gli anni di piombo, che ci hanno lasciato diritti e leggi giuste ma anche stragi e terrorismo;  e iniziavano gli anni d’ oro della Milano da bere, che ci avrebbero lasciato  un sacco di bei film, la musica pop di Deejay television, il debito pubblico e Berlusconi. 
Io, da figlio unico, vivevo lunghi pomeriggi da solo, quando in inverno non giocavo con gli altri bambini in cortile, e si passava la maggior parte del tempo in casa. In quelle occasioni, se avevo voglia mi inventavo giochi, di carta o cartone, che mia madre assecondandomi- fin troppo- lasciava sparsi in giro dove io li posizionavo. Con gli amici i giochi erano sempre inventati con poco : macchinine, soldatini, biglie erano sufficienti perché ci si divertisse. Durante le trasferte con i nonni, dove ero solo in un mondo di adulti, l’unica alternativa ad ascoltare le loro noiose discussioni era far volare la fantasia. Quella fantasia si trasformava poi in disegni, giochi, idee da condividere con i compagni di scuola. 
Se oggi chiudo gli occhi posso vedere ancora il panorama che scorreva dal finestrino curvo della 500, di ritorno dalla spesa o dalla visita ai parenti. Ricordo, ho memoria di quel tempo, perché osservavo ciò che mi girava intorno. Ero attento, non perché fossi bravo o mi impegnassi, semplicemente non avevo altro da fare. Vivevo il presente, senza distrazioni. Poi sono cresciuto, rimanendo attento, e i miei nonni ho iniziato ad aiutarli, a portare la spesa, a parlare anche io nelle noiose visite ai parenti. Poi la mia infanzia è finita, ma ciò che hanno visto i miei occhi mi è rimasto dentro. 
Oggi al centro commerciale non ho potuto fare a meno di osservare bambini e adolescenti con gli occhi fissi su smartphone e tablet. Bambini a tavola in età da bavagliolo ipnotizzati, ragazzini con gli occhi fissi distanti quattro dita dallo schermo, adolescenti dal passo stanco con il pollice destro che componeva freneticamente messaggi. Il loro mondo non era intorno, con scarsa riconoscenza di chi ha provveduto agli addobbi natalizi e ai promoter dei materassi che cercano di incrociare gli sguardi di chi passa per lasciare il loro volantino, il loro mondo era nello schermo. 
Che cosa rimarrà di questo tempo nei ricordi di quei ragazzini ? La noia, forse, porta alla malinconia, ma credo anche che aiuti a elaborare pensieri e idee che solo in quei momenti possono essere pensati. Quando siamo soli con noi stessi. 
“Facebook e gli altri hanno costruito il loro successo sullo sfruttamento della vulnerabilità della psicologia umana: Dio solo sa cosa stanno facendo al cervello dei nostri figli”. 
Chi afferma questo è Sean Parker, ex presidente di Facebook, nell’articolo di Massimo Gaggi sul Corriere della sera  di oggi. 

Per chi legge ciò che ho scritto sul mio profilo, non sorrida, credo che i social siano anche utili, ma non devono diventare un mondo parallelo, soprattutto per i giovani e per chi ha le capacità e le idee per creare e per sognare. 

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